Ricorso per la Regione Campania (c.f.  80011990636),  in  persona
del Presidente della Giunta regionale pro tempore, On. Dott.  Stefano
Caldoro, rappresentata  e  difesa,  giusta  deliberazione  di  Giunta
regionale n. 468 del 15 ottobre 2014 e procura a margine del presente
atto, unitamente  e  disgiuntamente,  dall'Avv.  Maria  D'Elia  (c.f.
DLEMRA53H42F839H)  e  dall'Avv.  Almerina   Bove   (BVOLRN70C461262Z)
dell'Avvocatura  Regionale,  ed  elettivamente   domiciliato   presso
l'Ufficio di rappresentanza della Regione Campania sito in Roma  alla
Via      Poli      n.      29       (fax       081/7963591;       pec
agc04.sett.02@regione.campania.it); 
    Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro  tempore  per
la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli  18,
comma 9, e 19, comma 3, lettera a), del decreto-legge 24 giugno 2014,
n. 91, recante Disposizioni  urgenti  per  il  settore  agricolo,  la
tutela  ambientale  e  l'efficientamento   energetico   dell'edilizia
scolastica e universitaria, il rilancio e lo sviluppo delle  imprese,
il contenimento dei costi gravanti sulle tariffe elettriche,  nonche'
per la definizione immediata di adempimenti derivanti dalla normativa
europea convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n.
116. 
 
                                Fatto 
 
    1. - Nella Gazzetta Ufficiale - Serie Generale, S.O. - n. 192 del
24 agosto 2014 e' stata pubblicata la legge 11 agosto 2014,  n.  116,
avente ad oggetto  "Conversione  in  legge,  con  modificazioni,  del
decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, recante disposizioni urgenti per
il  settore  agricolo,  la  tutela  ambientale  e   l'efficientamento
energetico dell'edilizia scolastica e universitaria, il rilancio e lo
sviluppo delle imprese, il  contenimento  dei  costi  gravanti  sulle
tariffe  elettriche,  nonche'  per  la   definizione   immediata   di
adempimenti derivanti dalla normativa europea". 
    2. - L'art. 18  del  citato  decreto  legge,  rubricato  "Credito
d'imposta per investimenti in beni strumentali  nuovi",  al  comma  1
attribuisce ai soggetti titolari di reddito d'impresa che  effettuino
investimenti in beni strumentali nuovi compresi  nella  divisione  28
della  tabella  ATECO,  di  cui  al   provvedimento   del   Direttore
dell'Agenzia  delle  entrate  16  novembre  2007,  pubblicato   nella
Gazzetta Ufficiale n. 296 del 21 dicembre 2007, destinati a strutture
produttive ubicate nel territorio dello Stato, a decorrere dalla data
di entrata in vigore del decreto medesimo e fino al 30  giugno  2015,
un credito d'imposta nella  misura  del  15  per  cento  delle  spese
sostenute in eccedenza rispetto alla media degli investimenti in beni
strumentali compresi nella suddetta  tabella  realizzati  nei  cinque
periodi di imposta precedenti, con facolta' di escludere dal  calcolo
della media il periodo in cui l'investimento e' stato maggiore. 
    I commi 2-8 del medesimo  art.18  dettano  condizioni,  limiti  e
l'ulteriore disciplina del credito d'imposta  di  cui  al  precedente
comma 1. 
    Secondo quanto previsto  dal  successivo  comma  9  dello  stesso
art.18, "Agli oneri derivanti dal presente articolo, valutati in  204
milioni di euro per il 2016, 408 milioni di euro per gli anni 2017  e
2018, e 204 milioni di euro per l'anno  2019,  si  provvede  mediante
corrispondente riduzione della  quota  nazionale  del  Fondo  per  lo
sviluppo e la coesione, programmazione 2014-2020, di cui all'articolo
1,  comma  6,  della  legge  27  dicembre  2013,  n.  147.  Ai  sensi
dell'articolo 17, comma 12, della legge 31 dicembre 2009, n. 196,  il
Ministro dell'economia e delle finanze provvede al monitoraggio degli
oneri di cui al presente articolo. Nel caso si verifichino o siano in
procinto di verificarsi scostamenti rispetto alle previsioni  di  cui
al presente comma, il Ministro dell'economia  e  delle  finanze,  con
proprio decreto, provvede alla riduzione della  dotazione  del  Fondo
per lo sviluppo e la coesione in modo da garantire  la  compensazione
degli effetti dello scostamento finanziario riscontrato, su  tutti  i
saldi di finanza pubblica e, conseguentemente, il CIPE provvede  alla
riprogrammazione degli interventi finanziati a valere sul  Fondo.  Il
Ministro dell'economia e delle  finanze  riferisce  alle  Camere  con
apposita  relazione  in  merito  alle  cause  degli   scostamenti   e
all'adozione delle misure di cui al precedente periodo". 
    3. - L'art.19 del medesimo  decreto-legge,  rubricato  "Modifiche
alla disciplina ACE- aiuto crescita economica", introduce,  al  comma
1, modifiche all'articolo 1 del decreto-legge  6  dicembre  2011,  n.
201, convertito, con modificazioni, dalla  legge  22  dicembre  2011,
inserendovi, dopo il comma 2 , il comma 2-bis, del  seguente  tenore:
"Per le societa' le cui azioni sono quotate in mercati  regolamentati
o in sistemi multilaterali di negoziazione di Stati membri della UE o
aderenti allo Spazio economico europeo, per il periodo di imposta  di
ammissione ai predetti mercati e per i due successivi, la  variazione
in aumento del capitale proprio  rispetto  a  quello  esistente  alla
chiusura di ciascun  esercizio  precedente  a  quelli  in  corso  nei
suddetti periodi d'imposta e' incrementata del 40 per  cento.  Per  i
periodi d'imposta successivi la variazione in  aumento  del  capitale
proprio e' determinata senza tenere conto del  suddetto  incremento»;
nonche' , aggiungendo, al comma 4, dopo le parole: «periodi d'imposta
successivi» le  seguenti:  «ovvero  si  puo'  fruire  di  un  credito
d'imposta applicando alla suddetta eccedenza le aliquote di cui  agli
articoli 11 e 77 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al
decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917.  Il
credito d'imposta e' utilizzato in diminuzione dell'imposta regionale
sulle attivita' produttive, e va ripartito in cinque quote annuali di
pari importo.». A mente del secondo comma, "Le disposizioni di cui al
comma 1, lettera a), si applicano alle societa' ammesse a  quotazione
le cui azioni sono negoziate dalla data  di  entrata  in  vigore  del
presente decreto e sono subordinate  alla  preventiva  autorizzazione
della Commissione europea ai sensi dell'articolo 108 del Trattato sul
funzionamento dell'Unione europea  richiesta  a  cura  del  Ministero
dello sviluppo economico. La disposizione di cui al comma 1,  lettera
b), ha effetto a decorrere dal  periodo  d'imposta  in  corso  al  31
dicembre 2014". 
    Il comma  3  dello  stesso  art.19  stabilisce  che  "Agli  oneri
derivanti dal presente articolo, pari a  27,3  milioni  di  euro  nel
2015, 55,0 milioni di euro nel 2016, 85,3 milioni di euro  nel  2017,
112,3 milioni di euro nel 2018, 140,7 milioni di euro nel 2019, 146,4
milioni di euro nel 2020 e 148,3 milioni  di  euro  a  decorrere  dal
2021, si provvede come  segue:  a)  mediante  riduzione  della  quota
nazionale del Fondo per lo sviluppo  e  la  coesione,  programmazione
2014-2020, di cui all'articolo 1, comma 6, della  legge  27  dicembre
2013, n. 147, per l'importo di 27,3 milioni di euro  nel  2015,  55,0
milioni di euro nel 2016, 85,3 milioni  di  euro  nel  2017  e  112,3
milioni di euro nel 2018; (omissis)...». 
    4. I citati articoli 18, comma 9, e 19, comma 3, lettera a),  del
decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito,  con  modificazioni,
dalla  legge  11  agosto  2014,  n.   116   sono   costituzionalmente
illegittimi per i seguenti 
 
                               Motivi 
 
    Illegittimitita' costituzionale degli artt. 18,  comma  9  e  19,
comma 3, lett. a) per violazione degli artt. 119, comma 5, 120  comma
2 e 3, comma 2 della costituzione. 
    1. Ai sensi dell'articolo 4 del  decreto  legislativo  31  maggio
2011, n. 88, recante "Disposizioni in materia di  risorse  aggiuntive
ed interventi speciali per la  rimozione  di  squilibri  economici  e
sociali", attuativo della  legge  n.  42  del  2009  sul  federalismo
fiscale, il Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS) di  cui  all'art.
61 della legge 289/2002 - nel quale, a decorrere dal 2003, sono state
concentrate  le  risorse  destinate  agli   interventi   nelle   aree
sottoutilizzate del Paese, ai sensi della legge n.  289/2002  e  sono
iscritte tutte le risorse finanziarie aggiuntive nazionali, destinate
a finalita'  di  riequilibrio  economico  e  sociale,  in  attuazione
dell'art.119, comma 5 della Costituzione - ha assunto, come noto,  la
denominazione di "Fondo per lo sviluppo  e  la  coesione  (FSC)".  Il
Fondo in menzione rinviene la propria disciplina nell'art. 119, comma
5 della Costituzione- in base al  quale  gli  interventi  perequativi
degli  squilibri  economici  in  ambito  regionale  devono  garantire
risorse aggiuntive rispetto a quelle ordinarie ed  essere  rivolti  a
favore  di  aree  territoriali  determinate  in  base  a  criteri  di
differenziazione regionale  (C.Cost.  46/2013  e  284/2009)-  nonche'
nella legge n. 42/2009 e nel  decreto  legislativo  n.  88/2011,  che
costituiscono  norme  interposte   nel   giudizio   di   legittimita'
costituzionale. 
    2. La legge 27.12.2013 n. 147 - legge di stabilita' per il 2014 -
ha  disposto,  all'articolo  1,   comma   6,   che   "in   attuazione
dell'articolo 119, quinto comma, della Costituzione e in coerenza con
le  disposizioni  di  cui  all'articolo  5,  comma  2,  del   decreto
legislativo 31 maggio 2011, n. 88, la dotazione aggiuntiva del  Fondo
per lo sviluppo e la coesione  e'  determinata,  per  il  periodo  di
programmazione 2014-2020, in 54.810 milioni  di  euro.  Il  complesso
delle risorse e' destinato a sostenere esclusivamente interventi  per
lo sviluppo, anche di natura ambientale, secondo la chiave di riparto
80 per cento nelle aree del Mezzogiorno e 20 per cento nelle aree del
Centro-Nord.  Con  la  presente  legge  si  dispone  l'iscrizione  in
bilancio dell'80 per cento del predetto importo secondo  la  seguente
articolazione annuale: 50 milioni per l'anno 2014,  500  milioni  per
l'anno 2015, 1.000 milioni per l'anno 2016; per gli  anni  successivi
la quota annuale e' determinata ai sensi dell'articolo 11,  comma  3,
lettera e), della legge 31 dicembre 2009, n. 196". 
    La norma stabilisce, altresi', che, per gli anni  successivi,  la
quota annuale sara' determinata dalla tabella E delle  singole  leggi
di stabilita' a valere  sul  rimanente  importo  di  42.298  milioni,
mentre, per la restante quota del 20 per cento (10.962  milioni),  la
relazione tecnica alla legge di stabilita' 2014 (AS 1120) precisa che
la relativa iscrizione in bilancio avverra' all'esito di una apposita
verifica  di  meta'  periodo  (da  effettuare  precedentemente   alla
predisposizione della legge di stabilita' per il 2019) sull'effettivo
impiego delle prime risorse assegnate. 
    Sulla  base  dell'indicata  previsione,   per   il   periodo   di
programmazione 20142020 il Governo ha presentato alle autorita' della
UE - secondo quanto previsto dal vigente Regolamento UE n.  1303/2013
di disciplina dei  Fondi  strutturali-  la  proposta  di  Accordo  di
partenariato, dapprima in versione provvisoria (nel mese di  dicembre
2013), e quindi nel testo definitivo, in data  24  aprile  2014.  Sul
testo dell'Accordo di partenariato e' stata acquisita  la  preventiva
intesa della Conferenza unificata, ai sensi dell'art.8, comma 6 della
legge 5 giugno 2003,  n.131;  anche  l'indicata  intesa  fa  espresso
riferimento alle citate risorse del FSC, nell'importo stanziato nella
legge di stabilita' per l'anno 2013 (cfr. pagina 12). 
    Le previsioni di cui all'art. 18, comma 9,  e  19,  comma  3  del
Decreto-Legge 24 giugno 2014, n. 91, convertito,  con  modificazioni,
dalla legge 11 agosto 2014, n. 116-  oggetto  del  presente  ricorso-
laddove  individuano  a  copertura   degli   oneri   correlati   alla
introduzione del credito d'imposta, pari a complessivi 816 Meuro  per
il  periodo  2016-2019,  una  corrispondente  riduzione  della  quota
nazionale del Fondo per lo Sviluppo e la  Coesione  -  programmazione
2014-2020, si pongono in  palese  contrasto  con  le  indicate  norme
interposte e realizzano una patente violazione dell'art. 119, comma 5
della Costituzione. 
    In assenza di ogni indice da cui possa desumersi che  le  risorse
distratte, per finanziare l'introduzione del credito d'imposta  e  la
modifica  alla  disciplina  in  tema  di  ACE  siano   esclusivamente
indirizzate a favore dei medesimi territori sottoutilizzati e con  la
medesima  chiave  percentuale  di  riparto  (80%  per  le  aree   del
Mezzogiorno e 20% per le aree del Centro-Nord) prevista per il  Fondo
per  lo  Sviluppo  e  la  Coesione-  e,  anzi,  in  presenza  di  una
formulazione testuale che assume a riferimento oggettivo le strutture
produttive (art.18) e  le  societa'  (art.19)  ubicate  in  tutto  il
territorio dello Stato - la riduzione della quota nazionale del Fondo
per lo sviluppo e la coesione, programmazione  2014-2020,  determina,
invero, una riduzione del complesso delle risorse gia'  destinate  ex
lege esclusivamente a sostenere interventi per lo sviluppo delle aree
sottoutilizzate,  con  palese  violazione  delle  norme  indicate  in
rubrica. E' noto, invero, che il Fondo in menzione soggiace a vincoli
di  destinazione  e  che  la  rideterminazione  dell'ammontare  delle
risorse da destinare agli interventi per lo sviluppo  e  la  coesione
delle aree  sottoutilizzate  deve  conformarsi  alle  previsioni  del
decreto legislativo 88/2011,  in  base  al  quale  l'ammontare  delle
risorse da destinare agli interventi per lo sviluppo  e  la  coesione
delle aree sottoutilizzate  puo'  essere  rideterminato  dalle  leggi
annuali di stabilita' successive a quella che  ha  preceduto  l'avvio
del ciclo pluriennale di programmazione qualora si  renda  necessario
soltanto  "in  relazione   alle   previsioni   macroeconomiche,   con
particolare riferimento all'andamento del PIL, e di finanza pubblica"
(art.5) e a condizione che la nota di aggiornamento del DEF indichi i
nuovi "obiettivi di convergenza economica  delle  aree  del  Paese  a
minore capacita' fiscale.) valutando l'impatto macroeconomico  e  gli
effetti, in termini di convergenza, delle  politiche  di  coesione  e
della spesa  ordinaria  destinata  alle  aree  svantaggiate",  previa
acquisizione  del  parere  della   Conferenza   permanente   per   il
coordinamento della finanza pubblica di  cui  all'art.  5,  comma  1,
lett. a), della legge 42/2009. 
    Il rispetto del "principio  di  tipicita'  delle  ipotesi  e  dei
procedimenti  attinenti  la  perequazione  regionale"  (Corte   Cost.
176/2012) impone, inoltre, al legislatore statale di osservare,  come
normativa di attuazione dell'art. 119, quinto comma, Cost., la  legge
42/2009 in materia di federalismo fiscale, secondo la quale (art. 16,
comma  1,  lett.  d)  "l'azione  per  la  rimozione  degli  squilibri
strutturali di natura economica  e  sociale  a  sostegno  delle  aree
sottoutilizzate si attua attraverso interventi  speciali  organizzati
in piani organici finanziati con risorse pluriennali, vincolate nella
destinazione".  In  ulteriore  specificazione  dei   principi   della
richiamata legge 42/2009, poi, il d.lgs. 88/2011  stabilisce  che  la
politica  di  riequilibrio  economico   e   sociale   e'   perseguita
prioritariamente con le risorse del  FSC  e  con  i  finanziamenti  a
finalita'  strutturale  dell'UE   "e   i   relativi   cofinanziamenti
nazionali" (art. 2, comma 1). Nella riduzione della  quota  nazionale
del FSC lo Stato non puo', dunque, legittimamente invocare il  titolo
competenziale relativo al coordinamento della  finanza  pubblica,  in
ragione  di  un'incidenza  sproporzionata   degli   oneri   derivanti
dall'applicazione dell'art. 18 del DL 91/2014 a danno  dei  territori
interessati  dagli  interventi  di  perequazione  e  del  conseguente
effetto sperequativo implicito nella disposta riduzione, in  mancanza
di ogni indice da cui possa trarsi la conclusione che le  risorse  in
tal modo rifinalizzate siano esclusivamente indirizzate a favore  dei
medesimi territori e con le medesima chiave  percentuale  di  riparto
(80% per le aree del Mezzogiorno e 20% per le aree del Centro-Nord). 
    II. Le norme impugnate, peraltro, appaiono altresi' in  contrasto
con  l'art.120  della  Costituzione  e  con  il  principio  di  leale
collaborazione. 
    Codesta Corte ha, invero, affermato con  giurisprudenza  costante
la illegittimita' di  previsioni  normative  volte  a  vanificare  la
bilateralita' della procedura prevista da norme interposte attraverso
la statuizione della forza decisiva della volonta' di una sola  parte
- sia essa, di volta in volta, lo Stato, la Regione  o  la  Provincia
autonoma - (ex plurimis, sentenze n. 39 del 2013, n. 179 del 2012, n.
33 del 2011, n. 121 del 2010, n. 24 del 2007: nel caso che ci occupa,
successivamente all'intesa prestata dalla  Conferenza  unificata,  il
legislatore  e'  intervenuto  unilateralmente  -  e  in   difformita'
rispetto alle prescrizioni del d.lgs. 88/2011 - a ridurre il FSC. 
    III. In considerazione della  ratio  sottesa  alle  politiche  di
riequilibrio economico  e  sociale,  riconducibile  all'ambito  delle
azioni positive volte a rimuovere gli squilibri economici  e  sociali
in determinati territori svantaggiati, e tenuto conto  che  le  norme
impugnate  configurano  una  irragionevole  sottrazione  di   risorse
dall'ambito delle richiamate azioni volte a rimuovere gli ostacoli di
ordine economico e sociale  che  limitano  di  fatto  la  liberta'  e
l'uguaglianza dei  cittadini,  le  stesse  contrastano  patentemente,
altresi', con l'art. 3, secondo comma, della Costituzione.